BRUNO GOTTARDI IL RE DEL BLAUBURGUNDER
21/01/2018- Nel 2001 vengo invitato in un ristorante vicino a Pinerolo in provincia di Torino. Un grande chef, Adriano Mesa, mi porge la carta dei vini e insieme ad un collega decidiamo di ordinare un Pinot nero a quei tempi a noi sconosciuto. Si trattava del Blauburgunder Mazzon di Bruno Gottardi annata 1999. Beh! Al naso era incredibile ed al primo sorso ho pensato che quello era il pinot nero più buono che io avessi mai assaggiato in vita mia! Così Il giorno dopo lo volevo a tutti i costi, Adriano Mesa lo aveva praticamente finito e nessuna enoteca di Torino lo aveva e neppure lo conosceva. Vengo a sapere che c'era comunque un distributore per il Piemonte di questo vino. Lo contatto immediatamente per chiedergli dove potevo trovare il Pinot nero di Gottardi. Il distributore cade dalle nuvole.. " Beh non so... come...non lo chiede nessuno.. " poi si riprende e mi dice che se lo volevo dovevo rivolgermi a una gastronomia di Torino che ne aveva acquistato qualche bottiglia. Mi precipito ( costava solo 8 mila lire circa) e prendo tutte e 12 le bottiglie di 1999 che erano a disposizione. Da lì in poi ho sempre bevuto e acquistato il Pinot nero di Bruno Gottardi divenatato negli anni ricercato e amato dagli appassionati .Poi ho avuto pure il piacere e l'onore di conoscere Bruno Gottardi , un vero signore - persona squisita, e bere con lui alcune buone bottiglie di vino francese. (a.m.)
P.S. Sui grandi Blauburgunder di Bruno Gottardi ne sanno qualche cosa tutti coloro che parteciparono alla sua verticale presentata da Peter Dipoli alle Giornate altoatesine del Pinot Nero di qualche anno or sono... indimenticabile!!
MARIO POJER - POJER&SANDRI- DA NON PERDERE!
11/06/2018 - Con una trota pescata da un amico e cucinata semplicemente con burro e salvia abbiamo aperto e finitoimmediatamente un grande Blaser 2010 (Riesling, Kerner, incrocio Manzoni) che avevo in cantina. Ne è valsa proprio la pena! Un grande vino opera di Mario Pojer da tutti considerato, non solo un ottimo produttore, ma anche un vulcano di idee per i suoi studi ed esperimenti sulle viti e sui macchinari della sua cantina. Tutto vero, ma per me, Mario Pojer è semplicemente una persona fuori dal comune, felice di quello che gli ha dato la vita , intelligente e capace di trascinarti positivamente nei suoi progetti. Ho avuto la fortuna di conoscerlo vent’anni fa tramite un amico vignaiolo altoatesino. E da lì l’ho sempre seguito. Con lui ho assaggiato con piacere tanti vini., gradito la sua compagnia e i suoi suggerimenti in campo enologico. Come me, anche Mario non sopporta i vini "brettati". E se i micidiali lieviti hanno preso piede in un vino anche solo in più che minima parte gli scova subito. Mario ha passato la sua giovinezza a Salorno in Bassa Atesina dove da ragazzo ha lavorato in alcune cantine locali. Poi si trasferisce a Trento dove nel 1975 insieme all’amico Fiorentino Sandri decide di iniziare a far grappa (la primordiale alle ciliege) e poi a vinificare 2 ettari di vigna. Lo scopo era quello di dare vita a una cantina nella casa rurale di Sandri proprio di fronte a quella che oggi è la loro magnifica azienda. Nella testa una sola idea: produrre vini capaci di smarcarsi da quelli che erano più diffusi nella zona. Ah, siamo a Faedo in provincia di Trento. Posto speciale. Sono passati più di quarant’anni gli ettari si sono moltiplicati e oggi i vini della Pojer & Sandri sono apprezzati in tutto il mondo per la loro impressionante pulizia e qualità. Dagli attuali 26 ettari nascono bottiglie uniche nel loro genere. Vini che hanno fatto scuola diventando nel tempo veri e propri monumenti del vino trentino. Ma non solo. Nel corso del tempo non c’è tipologia che Mario non abbia esplorato con entusiasmo, studiandone le più intime caratteristiche. È così sono nati spumanti di impressionante fascino e precisione ( ma anche “esperimenti” degni di nota come lo zero infinito, spumante con nulla da un incrocio speciale che non ha bisogno di alcun trattamento) vini passiti di sorprendente qualità. Andate a visitare la sua cantina piena di macchinari da lui inventati. Non perdete questa esperienza!
QUINDI RIASSUMENDO
La Pojer e Sandri nasce nel 1975 con pochissimi mezzi, due ettari a vigneto ereditati da Sandri, qualche vasca di cemento, un vecchio torchio idraulico, una pigiadiraspatrice di seconda mano, una pompa dei pompieri di Faedo, una riempitrice in prestito da un compagno di scuola. L’investimento iniziale fu di 1 miline e 200 mila lire 1.200.000 a testa, a Mario prestati dalla nonna come regalo del diploma a San Michele all’Adige, mentre Sandri era metalmeccanico e qualche soldino lo aveva già. Nel 1977 Luigi Veronelli assaggia i loro vini e parla della Pojer & Sandri su Panorama: è subito un successo. L’azienda comincia a crescere sino ai giorni nostri tra acquisizioni di terreni e sperimentazioni in vigna e in cantina con macchinari quasi tutti studiati ad hoc inventati e a volte brevettati da Mario come “ la piscina” in acciaio inox per lavare le uve ( ah.. Mario ha una passione speciale per l’acciaio inox) l’impianto per la pressatura delle uve in atmosfera controllata (Inertys) che è stato progettato e brevettato in collaborazione con Bucher Vaslin (Romans d’Isonzo, GO), il compattatore di grappoli Noxis è stato studiato e sviluppato con Ragazzini (Faenza, RA) e tanto altro.
www.pojeresandri.it
10/03/2018 Tre Sauvignon Blanc uno più buono dell’altro. E’ vero potevo parlarvene in piena estate quando i vini bianchi freschi sono più piacevoli da bere, ma accontentatevi ugualmente! Si tratta di due francesi della Loira e di un Alto Atesino, il Voglar 2015. Quest’ultimo lo bevo da molti anni. Lo produce un amico vignaiolo, gli altri due d’Oltralpe il Poully-Fumè “ Les Cris” 2015 del Domaine A. Cailbourdin e il Sancerre 2016 “ la Vigne Blanc” di Federic Champault non gli avevo mai bevuti. Beh devo dirvi che mi hanno convinto! E rispecchiano i miei gusti su questo importante vitigno troppo spesso sottovalutato anche dagli addetti ai lavori. Quindi tutti e tre i Sauvignon in questione sono senza dubbio( come ama dire un amico) di serie A. Vi chiederete. Quali sono di serie B? In Italia quasi tutti! Mi spiego meglio. Sempre ben conscio che nel mondo dei vini ci sono gusti e palati differenti dico da subito che per il sottoscritto ( e spero non solo per me) quelli di serie B sono quelli più citati e consigliati dalle guide più blasonate. Infatti tutti scrivono: “le caratteristiche del Sauvignon Blanc sono gli aromi in prevalenza erbacei e vegetali, sinuose note fruttate ma anche un singolare aroma, (la pipì di gatto). Si spazia dagli aromi vegetali del peperone verde all'ortica, dalla foglia di pomodoro all'erba falciata . I Sauvignon sono destinati ad un veloce consumo, dato che l'invecchiamento non dà effetti migliorativi sulle caratteristiche organolettiche ecc ecc. Incredibile! Vi giuro che i Sauvignon di serie A sono l’esatto contrario. Sono agrumati sapidi e danno il meglio dopo i tre, quattro o cinque anni dalla vendemmia e possono invecchiare anche 10 anni. Intendiamoci, sono buoni se puliti anche i Sauvignon da “battaglia” quelli di serie B , ma non hanno nulla a che fare con quelli di serie A.
I Sauvignon di serie A devono si nascere da un’uva con una presenza sufficiente di Metossiprazine che ne garantiscono la tipicità, ma queste non devono, come dire, prevalere più di tanto sui Tioli. Tioli che ne garantiscono gli aromi agrumati e altre caratteristiche che fanno i Sauvignon non banalì , stucchevoli. Per dirla in altre parole troppo, erbacei e quindi di serie B. Ma cosa sono le Metossipirazione o più semplicemente Pirazine? Sono composti azotati presenti nell’uva e nelle foglie delle variatà Sauvignon Blanc ( ma anche Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Carmenère) identificabili con gli aromi quali foglie di pomodoro , peperone verde, ortica, patate o fagioli cotti ecc. I Tioli sono invece composti a base di zolfo. Sono loro che (quando le Pirazine non eccedono) i responsabili dei profumi più “nobili” del Sauvignon. Profumi molto spesso identificabili con il pompelmo, il frutto della passione, il bosso ecc. Questi aromi solforati si producono durante la fermentazione alcolica che non deve essere a temperature troppo basse. Il tutto attraverso l’interazione enzimatica dei lieviti che sono importanti per lo sviluppo dei Tioli.
13/10/2018 - Conosco Peter da più di vent’anni. Mi ha insegnato molto sul vino. E ancor oggi sentirlo parlare dei suoi vini o di altre etichette, è sempre molto istruttivo. In lui c’è la vera passione, un sentimento difficile da raccontare. Lo noti nei suoi gesti e nelle sue espressioni, quando con lui si è di fronte ad un vino . Ti dice: “L’importante è cominciare con vigna e vitigno giusto. Poi si deve rispettare quello che da la natura. Allora fai qualche cosa di unico al mondo. Poi avverte: nel momento in cui il vignaiolo diventa invece una sorta di "preparatore" del vino toglie qualche cosa alla sua vigna e a se stesso . Questo succede più spesso di quanto si possa immaginare per tutti coloro che invece di pensare al proprio vino , pensano ad apparire su Wine Spectator , sul Gambero Rosso e su tanti altre riviste che aspettano da te un certo prototipo di vino. Ecco perché in cantina non faccio niente. Si lavoro per avere vini senza difetti, ma per il resto gli accetto come sono anno dopo anno. ” Poi mentre sorseggia un po’ del suo Voglar, piega la testa compiaciuto, ti guarda e con un pizzico di ironia ti dice ancora: “ Così ogni annata è una sorpresa. Importante e che sia pulito. E sempre diverso anno dopo anno. Un'altra cosa che Peter insegna e che non esistono vini "migliori”. Tradotto significa che per lui (come per il sottoscritto) tutto il vino va rispettato nello stesso modo. Mi spiego meglio: non si può dire questo è un vinello è solo una Schiavetta o un Chiaretto, con il risultato che io bevo solo Barolo, Barbaresco, Pinot Noir o altri vini importanti di quello o dell’altro grande noto produttore. Credo che a Peter non piacciano affatto coloro che a priori vogliono “ bere solo il meglio, l'etichetta famosa, insomma quei vini in genere più blasonati dalle riviste e guide alla moda . Ma torniamo al Sauvignon Voglar . Siamo a Egna , anzi nella frazione Villa, in provincia di Bolzano dove Peter ha la cantina. Il Sauvignon, Peter lo coltiva poco distante al Penon a 500/600 metri sul livello del mare. La storia è un po’ questa. Dopo la scuola all’Istituto agrario di san Michele all’Adige, Peter si mette a girare per mezzo mondo (in Italia le Langhe e la Toscana sono casa sua) poi decide di impegnarsi in vigna e nello stesso tempo di curare una distribuzione di vini di alta qualità: la Fine Wine. Tra le sue vigne c’è ci sono quelle dove nasce il Voglar “ Quando ho deciso di puntare sul Sauvignon- racconta Peter ( non è l’unico vino che produce) – non ho guardato il mercato. Ho studiato invece le esigenze dei possibili candidati a quel terroir , un piccolo podere di poco più di 1 ettaro. Volevo un vitigno di carattere, conoscevo bene la Loira e ho pensato al Sauvignon. E nell’ormai lontano 1990 mi sono convinto. Mi son detto: anche se non ho il clima continentale, posso supplire con l’altitudine.”. Così è cominciata l’avventura “Voglar” con poco più di 1600 bottiglie. Oggi questo Sauvignon è conosciuto e apprezzato in tutto il mondo e Peter ne produce 30 mila di bottiglie. Chiaramente anche la vigna è aumentata sempre nella zona Penon e in altri appezzamenti sopra Cortaccia e, ma sempre tra i 500 e 600 metri . Qui gli sbalzi termici e il cercare la vendemmia tardiva con maturazioni più lente fanno di certe annate del Voglar ( come quella del 2012 ) un Sauvignon che da il suo meglio dopo 5 /6 anni. Un Sauvignon di serie A vinificato in botti grandi di acacia puntando tutto sui Tioni. Uno spettacolo!
7/07/2019 - Due Pinot nero 2016 da sprofondarci dentro, nel senso che sono goduriosi ai massimi livelli. Si, hanno uno 14,5 e l’altro ben 15 gradi , (troppi per i miei gusti anche se per l’annata ci sta), ma a mio giudizio sono dei piccoli capolavori. IL primo è quello di Ferruccio Carlotto, produttore altoatesino che fa Pinot noir sin dal 2001 e che ha già raggiunto massimi livelli in piacevolezza eleganza ecc ecc . L’altro è il Pinot nero riserva 2016 di Stefan Vaja, anch’egli piccolo produttore della Bassa Atesina. Stefan è senza dubbio più noto per altri vitigni ed è alla sola sua seconda vendemmia ufficiale per il Pinot nero. E’ alto di gradi si, ma nello stesso tempo (e non so come) ha un’eleganza incredibile. E’ poi è lungo vellutato suadente. Molto “piacione” e pulito ( parliamo di un bio..) mi ha veramente sorpreso. Bravo Stefan!
Non sottovalutando affatto che le uve di questo bel vino arrivano da una piccola vigna detta Himalaya che regala circa 800 bottiglie di questo pregiato nettare-(siamo poco sopra Egna (Bz) vicino a Mazzon in un luogo fresco -confina col bosco- vocato da secoli per questo vitigno)- c’è da dire che questo piccolo capolavoro di Stefan, soprattutto per il suo colore, ma non solo, si distingue pure da tanti altri più noti e blasonati Pinot nero . E poi, altra cosa da dire è che Stefan pur essendo un piccolo produttore altoatesino ormai conosciuto e raccontato anche su molte prestigiose riviste on line e cartacee, per i suoi tanti altri eccellenti vini ( provate lo chardonnay dopo il “defunto” CALVILL è tra i più, se non il può buono del Sud Tirol. Per non parlare della sua schiava ecc ) la sua ultima vera e più importortante “ sfida” ( se la si può chiamare così) doveva averla con il Pinot noir . Una sfida vinta al 100%. Tutti infatti sappiamo com’è difficile e capriccioso questo vitigno, e quando personalmente ho assaggiato dalla barrique il primo Pinot nero di Stefan, il 2015, avevo per l’ennesima volta esultato per lui. Poi se devo dire la verità, più avanti degustato più volte ( anche in occasione delle Giornate altoatesine del Pinot Nero) il suo 2015 non mi aveva entusiasmato molto, soprattutto al naso. Ora con questo 2016 devo ricredermi. L’altro giorno appena l’ho bevuto non ho potuto far altro che prendere il telefono e fare i miei complimenti al produttore. E per quanto possano valere, Stefan mi è sembrato felice di riceverli.